Oltre le tre culture: la proposta della S&TDL

 Roma, 14 ottobre 2015 - Prima giornata

 

Vi è ora una cultura mondiale… caratterizzata da una organizzazione della diversità piuttosto che da una replica di uniformità.

Ulf Hannerz

 

Ha moderato la giornata Marco Ferrazzoli, Capo-Ufficio Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

In apertura, Marco Conti, Direttore del Dipartimento di Ingegneria, ICT e Tecnologie per l’Energia e i Trasporti del CNR, ha portato il saluto del Presidente Nicolais e, sottolineando l’attualità e la rilevanza del Progetto, ha evidenziato il ruolo strategico che oggi ricoprono le infrastrutture di ricerca, le e-infrastructure e le data infrastructure, qual è appunto la S&TDL: esse, in linea con il modello europeo, aperto e inclusivo, grazie all’enfasi sull’accesso aperto, da un lato sostengono lo sviluppo scientifico, promuovendo una ricerca migliore; dall’altro, favoriscono la trasformazione della scienza in innovazione, un Leitmotiv dell’odierna programmazione europea.
Viene così in primo piano il valore dei dati e della conoscenza, capitale prezioso e immenso potenziale non soltanto per la scienza, ma per l’economia – in particolare per la PMI – e per la crescita in senso lato del Paese.

Maria Uccellatore, Dirigente presso la Direzione generale per il coordinamento, la promozione e la valorizzazione della ricerca del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha illustrato la centralità del ruolo del MIUR nella promozione, diffusione e valorizzazione della conoscenza scientifica e culturale. Il MIUR e il MiBACT sono oggi fortemente impegnati in un percorso comune, coerente con gli orientamenti europei, che propongono insistentemente un nuovo modello di sviluppo, in cui la scienza e la cultura, in una parola la conoscenza, costituisce il pilastro per una nuova economia che sia realmente competitiva a livello globale. L’intervento ricorda giustamente le tappe fondamentali: la Legge 7 ottobre 2013 - Decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 coordinato con la legge di conversione 7 ottobre 2013, n. 112 recante: «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo» - che traduce nel contesto nazionale la  Raccomandazione della Commissione europea del 17 luglio 2012 sull'accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (2012/417/UE), rispondendo all’esigenza, divenuta ormai improrogabile, di modernizzare e valorizzare efficacemente le biblioteche e gli archivi italiani.
Il MIUR, già a partire dal Settimo Programma Quadro e poi, con rinnovato vigore, con Horizon 2020, si è fatto paladino dell’apertura della conoscenza, dimostrando attenzione e sensibilità ai temi delle e-infrastructure, dell’open access e dell’open science nel mondo digitale, con la presentazione del programma SIR e la costituzione del Gruppo di lavoro dedicato all’Open Access.
Oggi, accanto alla necessità di rimarcare costantemente l’importanza della cultura, s’impone un’altra priorità: quella di mettere a fattor comune tutto quanto si sta facendo in questo campo a livello nazionale, i singoli interventi e tutti gli attori coinvolti, superando in tal modo non soltanto le fratture fra le differenti culture, ma anche i limiti e le insufficienze di tanti punti di vista particolari.

Maria Cristina Messa, Rettore dell’Università degli Studi di Milano - Bicocca e rappresentante italiano nel Comitato Horizon 2020 per Research Infrastructures, ha sottolineato con soddisfazione, proprio in riferimento alla S&TDL, un progetto avviato già nel 2012, la precocità e la lungimiranza dell’azione del Consiglio Nazionale delle Ricerche che, coerentemente con la sua mission istituzionale, da sempre si preoccupa dell’apertura della conoscenza, impegnandosi a mettere a disposizione dei ricercatori e della comunità dei cittadini dati, informazioni e conoscenza. Proprio in quanto rappresentante italiano nel Comitato Horizon 2020 per Research Infrastructures, ha messo in risalto, all’interno della nuova programmazione europea 2016-2017, la centralità delle infrastrutture di ricerca e delle infrastrutture digitali. Al riguardo, i principali obiettivi sono: assicurarne la sostenibilità, accrescere il loro ruolo e il loro impatto sull’innovazione, massimizzare lo sfruttamento dei dati. In particolare, accanto alla componente più tradizionale del consolidamento e dell’integrazione delle piattaforme di e-infrastructure già esistenti, a livello europeo l’accento si pone ora, per la prima volta, sulla costruzione di piattaforme innovative che facciano servizi, un elemento rivoluzionario. E si rimarca insistentemente la necessità che le infrastrutture digitali vengano utilizzate non soltanto dalle comunità di ricerca e dall’universo dell’education, ma anche dall’industria. Ciò in linea con le attuali parole d’ordine che risuonano un po’ ovunque, open science e innovation.
L’intervento ha rivolto infine l’attenzione al nostro Paese, enfatizzando l’esigenza, per le infrastrutture di ricerca digitali, di un coordinamento fra le differenti realtà: la complessità e la pluralità che le contraddistinguono accrescono la difficoltà del compito, e tanto più si apprezza quindi, in tale ottica, un’infrastruttura come la S&TDL.

Maria Pia Giovannini, Dirigente dell’Area Pubblica Amministrazione presso l’Agenzia per l’Italia Digitale, ha rimarcato l’importanza, per la modernizzazione del Paese, dello sviluppo e della diffusione di servizi digitali nella PA. Ha così illustrato gli interventi più significativi che sono stati messi in atto a livello governativo per realizzare gli obiettivi dell’Agenda Digitale, favorendo l’utilizzo ampio e diffuso dell’ICT e la crescita digitale del Paese: questo governo e quelli precedenti si sono fortemente impegnati nella creazione di un quadro sistemico, organico e armonico, così da poter passare finalmente da una realtà delle amministrazioni pubbliche frastagliata ed estremamente diversificata – in cui persistono ostacoli, chiusure e resistenze e persino una cultura neofobica assai difficile da superare – a un sistema Paese, in cui la PA possa rappresentare una leva e un supporto per l’innovazione e lo sviluppo economico nazionale.
Ciò costituisce senz’altro una sfida significativa per la PA. In Europa infatti l’Italia è agli ultimi posti nella capacità di aggregare e integrare i risultati, in una parola di fare sistema, malgrado le numerose eccellenze e capacità presenti in ambito tecnologico, accademico-scientifico ed educativo. Ed è ancora assai elevato il numero di imprese e di cittadini che non sono collegati in rete.
Il governo si sta concentrando sulle infrastrutture di Paese (nelle tre scansioni strategiche: crescita digitale, infrastrutture tecnologiche e infrastrutture applicative). E non mancano buone pratiche e casi di successo, tutti tasselli che compongono uno stesso mosaico a vantaggio della comunità nazionale, per garantire un accesso veloce, facile e sicuro al patrimonio informativo pubblico e per gestire, conservare e utilizzare al meglio dati, informazioni e documenti: la fattura elettronica, l’identità digitale, l’anagrafe nazionale della popolazione residente. Si segnala dunque l’urgenza, per il nostro Paese, di disporre di professionalità che uniscano alle competenze documentarie e archivistiche quelle digitali, per affrontare con successo le sfide della digitalizzazione e della gestione documentale.

Riccardo Pozzo, Direttore del Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale del CNR, ha enfatizzato il valore dell’istanza open, che oggi è nel contempo molto condivisa e molto problematica.
Il nostro Paese ha ormai bisogno di dotarsi di policy chiare e coerenti sull’Open Access. Riguardo all’OA policy alignement, in Europa si contano numerosi esempi virtuosi, in Finlandia, in Olanda e in Spagna. In Italia purtroppo se ne nota l’assenza, dovuta essenzialmente alla mancanza di coordinamento.
L’istanza open investe direttamente le digital humanities e il digital cultural heritage. DARIAH - Digital Research Infrastructure for the Arts and Humanities, ponte fra cultura e ricerca, propone al riguardo una soluzione equilibrata che favorisce l’OA, la condivisione e la reciproca integrazione.
Il Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale vuole convertire l’ambito data science in data humanities. Si stanno infatti aprendo spazi vasti e assai promettenti per l’innovazione culturale, che non soltanto appare possibile, ma offre straordinarie prospettive di sviluppo. In proposito Riccardo Pozzo ha ricordato tre documenti europei di notevole interesse.
In primo luogo, la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l'Europa – Bruxelles, 22.7.2014 COM(2014) 477 final – in cui si dichiara esplicitamente che “il patrimonio culturale è una priorità per l'UE… un patrimonio di conoscenze insostituibile e… una risorsa preziosa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale”. La cultura è dunque un bene comune e l’accento si pone sul suo potenziale economico; si riconosce inoltre al settore patrimonio culturale la capacità di creare posti di lavoro altamente qualificati. È ora infatti di “avvalersi maggiormente del potenziale economico del patrimonio culturale dell'UE quale catalizzatore per la creatività e la crescita economica”. Il documento intende perciò “contribuire a salvaguardare e potenziare il valore intrinseco e sociale del patrimonio culturale… [e] rafforzare il suo contributo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro”. Secondo Riccardo Pozzo, quanto delinea la Commissione Europea corrisponde perfettamente alla triplice missione del CNR, che è simultaneamente impegnato nel fare ricerca, spesso di frontiera, nell’insegnamento e infine nella diffusione della conoscenza, nella valorizzazione dei risultati della ricerca e nel loro trasferimento. Si tratta, in ultima analisi, di un’attività di servizio al Paese – Public Engagement – in cui la biblioteca digitale rappresenta la punta avanzata. La S&TDL mette infatti a disposizione di tutti non solo dati e informazioni relativi alle attività di ricerca, ma pure dati e informazioni provenienti da biblioteche, da archivi e dal settore del Cultural Heritage in genere.
In secondo luogo, vi è un documento del maggio di quest’anno prodotto dagli europarlamentari socialisti e democratici in riferimento al Commissariato Economia digitale: fra i quattro obiettivi, si segnala la creazione di nuovi posti di lavoro di alta qualità per il digitale; gli investimenti in infrastrutture e formazione; e infine l’esigenza di una revisione della normativa europea per adattarla opportunamente al mondo digitale.
Da ultimo, si ricordano due Direttive, la Direttiva2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico, e la Direttiva 2013/37/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che l’ha modificata.
Già nel 2003 si sottolineava l’importanza determinante per i cittadini europei delle “nuove vie di accesso alle conoscenze e di acquisizione delle stesse”. Si affermava altresì che “le informazioni del settore pubblico sono un'importante materia prima per i prodotti e i servizi imperniati sui contenuti digitali… Più ampie possibilità di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico dovrebbero, tra l'altro, consentire alle imprese europee di sfruttarne il potenziale e contribuire alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro”. Contro “la mancanza di chiarezza”, “le soluzioni normative discordanti”, “le differenze e le incertezze sul piano legislativo” – tutte “barriere che impediscono a queste risorse essenziali di esprimere appieno il proprio potenziale economico” – si auspicava l'armonizzazione delle normative e delle prassi nazionali e si ribadivala necessità di una disciplina generale, in particolare per le condizioni di riutilizzo e per le licenze, “affinché il riutilizzo dei documenti del settore pubblico avvenga in condizioni eque, adeguate e non discriminatorie”.
Si dichiarava che “rendere pubblici tutti i documenti generalmente disponibili in possesso del settore pubblico… rappresenta uno strumento fondamentale per ampliare il diritto alla conoscenza, che è principio basilare della democrazia”. E si affermava la necessità di contemperare l’esigenza di trasparenza e di pubblicità con quella di salvaguardia dei diritti di proprietà intellettuale.
La Direttiva del 2013 fa notare giustamente che “da quando è stato adottato il primo insieme di norme sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico nel 2003, si è assistito a una crescita esponenziale della quantità di dati nel mondo, compresi i dati pubblici, e alla comparsa e raccolta di nuovi tipi di dati. Parallelamente, si assiste a un’evoluzione costante delle tecnologie per l’analisi, lo sfruttamento e l’elaborazione dei dati. Questa rapida evoluzione tecnologica permette di creare nuovi servizi e nuove applicazioni basate sull’uso, sull’aggregazione o sulla combinazione di dati. Le norme adottate nel 2003 non rispecchiano più questi rapidi mutamenti e di conseguenza si rischia di non poter cogliere le opportunità economiche e sociali offerte dal riutilizzo di dati pubblici”. Enfatizza quindi la rilevanza dello sviluppo di servizi e della digitalizzazione; ribadisce la necessità di assicurare la tutela della sicurezza, dei diritti alla protezione dei dati personali e dei diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia comincia a guadagnare significativamente terreno l’istanza open: “in relazione al riutilizzo di un documento, gli enti pubblici possono imporre condizioni al riutilizzatore, se del caso tramite una licenza, come la citazione della fonte e l’indicazione relativa a eventuali modifiche apportate in qualunque modo dal riutilizzatore. Le eventuali licenze per il riutilizzo di informazioni del settore pubblico dovrebbero comunque imporre il minor numero possibile di restrizioni al riutilizzo, limitandole, ad esempio, all’indicazione della fonte. Al riguardo dovrebbero svolgere un ruolo importante le licenze aperte disponibili in linea, che conferiscono diritti di riutilizzo più ampi senza limitazioni tecnologiche, finanziarie o geografiche e che si basano su formati di dati aperti. È pertanto opportuno che gli Stati membri incoraggino l’uso di licenze aperte che dovranno infine divenire prassi comune in tutta l’Unione”.
Vengono così in primo piano tutte le tematiche attualmente prioritarie - open government, open data, open access, open science, interoperabilità… - e l’urgenza di garantire l’apertura e insieme la salvaguardia dell’integrità della conoscenza e la tutela del patrimonio culturale, precludendo lo sfruttamento indiscriminato dei dati. Con le parole di Silvia Costa, “occorre soprattutto un equilibrio tra libertà dei contenuti e proprietà intellettuale, che tuteli sia la libertà di fruizione dei contenuti che il diritto all’equa remunerazione dell’autore e dell’editore”.
In Italia l’OA rappresenta una questione cruciale, al centro del dibattito nazionale. Secondo Riccardo Pozzo, in quest’ambito la S&TDL potrà svolgere una funzione pilota, contribuendo a chiarire la materia OA – definizione, natura, principi – e a mettere a punto policy, prassi, modelli e soluzioni innovative. Uno dei primi passi auspicabili potrà essere quello di integrare nella S&TDL il ricchissimo patrimonio editoriale del CNR, una volta riscattati i diritti ceduti alle case editrici.

Maurizio Lancia, Responsabile della SPR Reti e Sistemi Informativi del CNR e Coordinatore del Progetto “Science &Technology Digital Library”, dopo aver ringraziato i presenti, ha passato rapidamente in rassegna le principali tappe del Progetto, la genesi, gli obiettivi, i risultati raggiunti, i possibili sviluppi.
Nato nel luglio del 2012, il Progetto è frutto di una stretta collaborazione istituzionale tra il MIUR, l’Agenzia per l’Italia Digitale e il CNR, si incardina nella Strategia EU 2020 ed è in linea con l’attuale programmazione europea e nazionale. E si radica nelle esperienze maturate presso il CNR da oltre un decennio, nei settori dell’ICT e dell’Information & Knowledge Management.
Maurizio Lancia ha poi fortemente enfatizzato uno degli elementi qualificanti la S&TDL fin dall’inizio: la dimensione collaborativa, le community e le partnership. Università, Enti di ricerca, istituzioni culturali: sono infatti numerosi e in costante crescita i soggetti, assai variegati, che collaborano attivamente al Progetto.
Ancora nel quadro della partnership progettuale s’inserisce un’iniziativa in fase di avanzata definizione, la realizzazione di un Portale dedicato alla storia politica dell’Italia repubblicana a partire dagli archivi, già disponibili e riusabili, messi a disposizione da diverse istituzioni pubbliche e da istituti culturali.
Nell’ambito del Progetto, l’investimento principale, sempre secondo il suo Coordinatore, è stato quello sul “capitale umano” e sull’acquisizione di differenti competenze ed expertise, che ha permesso di conseguire risultati solidi, sia in termini di maturazione di esperienze, che in termini di garanzia di governance per gli sviluppi futuri del sistema.
L’obiettivo fondamentale è stato lo sviluppo e la sperimentazione di un sistema integrato per l’accesso all’informazione sulla R&S e sui Beni Culturali, al fine di assicurare modalità di gestione e utilizzo efficienti e trasparenti. Allo stato attuale l'informazione resa disponibile dalla S&TDL comprende una ricca gamma di contenuti digitali: prodotti e dati della ricerca; dati e informazioni sulle attività di ricerca, sugli attori della R&S e sulle loro expertise, sulle differenti aree di competenze e sulle comunità scientifiche di riferimento; archivi e contenuti digitalizzati di interesse storico e culturale.
La parola d’ordine che ha realmente improntato tutto il Progetto è stata apertura. La S&TDL infatti, fin dalla sua ideazione, si fonda sulla relazione sistemica, stabile e insieme dinamica, fra ricerca, conoscenza e innovazione e mette la tecnologia al servizio non solo della comunità accademica e scientifica, ma anche dello sviluppo e del progresso sociale dell’intera comunità nazionale.
Caratterizzato da grande complessità e da una molteplicità di interventi, il Progetto si contraddistingue peculiarmente per l’approccio sistemico che mira all’armonizzazione e alla condivisione e ha conseguito una serie di risultati: il più consistente è rappresentato da un’infrastruttura tecnologica, di livello sperimentale, aperta e flessibile, in grado di garantire un elevato grado di integrazione e interoperabilità e coerente con la logica di modelli di tipo collaborativo. Una vera e propria e-infrastructure, concepita, sia sotto il profilo organizzativo che sotto quello tecnologico, per assicurare la collaborazione e la crescita di differenti comunità e per superare le barriere non tanto geografiche, quanto culturali e disciplinari.
Il modello architetturale è stato pensato per gestire grandi quantità di contenuti digitali e per erogare servizi di tipo federato. Il sistema è orientato alla multi-canalità, sia in input che in output, ed è predisposto per l’integrazione nella nuvola dei linked open data.
L’infrastruttura è aperta, scalabile e flessibile, pensata per gestire diversi tipi di contenuti, generati da comunità/organizzazioni eterogenee e caratterizzati da una notevole varietà di formati, sia per quel che riguarda la codifica che per quanto attiene ai metadati associati. Ad oggi l’infrastruttura sperimentale gestisce alcune centinaia di migliaia di risorse informative che corrispondono a oltre un milione di oggetti digitali ed è dimensionata per capacità di gran lunga superiori.
Maurizio Lancia ha infine ribadito che tutti i risultati già conseguiti e l’infrastruttura sperimentale sono ora a disposizione di quanti intendono contribuire a realizzare un sistema integrato per la scienza, la cultura e la tecnologia, mediante l’attiva partecipazione alla definizione di “regole” condivise. Solo così sarà possibile offrire servizi veramente innovativi al sistema Paese.
L’ampliamento della partnership consentirà, quindi, di implementare la S&TDL attraverso ulteriori sperimentazioni e l’erogazione di servizi, mettendo così pienamente a frutto i feedback dei partner e delle diverse tipologie di utenza. Si creerà così un osservatorio permanente per il costante perfezionamento delle soluzioni proposte, in linea con lo sviluppo complessivo e con l’evoluzione della Digital Library.
La S&TDL, in ultima analisi, si propone come una delle infrastrutture di riferimento nazionali, certo non l’unica, ma comunque un buon punto di partenza per fare sistema. Per evitare la frammentazione e la dispersione degli interventi e per muoversi con decisione verso la costruzione di una vera e propria società digitale ad alta densità di conoscenza. Conoscenza che oggi significa soprattutto complessità.

Ha chiuso i lavori Flavia Piccoli Nardelli, Presidente della VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei Deputati, che ha innanzitutto ribadito come il Progetto sia perfettamente in linea con la programmazione europea e nazionale nella sua finalità precipua di mettere insieme risorse per creare sinergie efficaci, costruendo una grande infrastruttura di ricerca in cui inserire in modo organico e mettere a sistema i molteplici elementi già esistenti; e ha sottolineato come la S&TDL possa far riflettere il mondo della ricerca e quello della cultura sulle straordinarie potenzialità offerte da una comunità allargata. È certamente difficile, per le differenti comunità scientifiche e culturali, così tenacemente legate ai propri tratti identitari e ai propri approcci peculiari, superare le divisioni e la frammentazione disciplinare; la straordinaria accelerazione che contraddistingue l’attualità e le direttive europee, tuttavia, spingono concordemente in questa direzione.
Flavia Piccoli Nardelli ha poi messo in risalto il ruolo cruciale della S&TDL per la salvaguardia e la valorizzazione delle memorie condivise della Repubblica italiana, che oggi, per la frammentarietà e la scarsità delle risorse, costituiscono un sistema estremamente fragile. In tal senso, l’infrastruttura realizzata potrà essere la base di una sperimentazione allargata per tramandare e diffondere la conoscenza della storia nazionale. La Presidente della VII Commissione della Camera dei Deputati ha infine evidenziato la centralità della formazione quale componente primaria ed essenziale del Progetto, proprio per creare le nuove professionalità, ibride e trasversali, oggi necessarie, al confine tra i mondi consolidati della tradizione e i mondi del futuro, ancora per gran parte sconosciuti.